sabato 21 dicembre 2019

4^ Domenica di Avvento, Natale e Tempo di Natale

IL MISTERO DEL NATALE
da “La Civiltà Cattolica” (Quaderno 4019)

Il Natale è il mistero dell’Incarnazione e l’annuncio della nostra salvezza. Con il Natale, il cielo è sceso sulla terra, e la liturgia del tempo natalizio ci invita a guardare la luce che viene dall’alto: Dio, l’Eterno, l’Onnipotente si incarna in Gesù e nasce come un bambino, per condividere con l’uomo la precarietà e la povertà dell’esistenza. Si realizza così la profezia dell’«Emmanuele», «Dio con noi» (Is 7,14). Il Natale è una novità assoluta nella storia e segna uno spartiacque tra «prima di Cristo» e «dopo Cristo». Perché Gesù, nascendo, ha presa la storia su di sé, l’ha accettata, l’ha amata, l’ha redenta. Perché si può redimere solo ciò che si ama davvero. L’evento «Gesù» è storicamente accertato, e probanti sono le notizie extrabibliche che lo confermano. Ma la rivelazione dei Vangeli richiede una riflessione di fede, secondo la quale il Gesù storico è il Figlio di Dio. La vita assume così un significato nuovo: il Natale non è solo un mistero che riguarda la storia passata, ma viene a radicarsi nel tempo presente. Una lettura superficiale del Vangelo ci fissa in un’atmosfera di gioia «pastorale», in cui sembrano essere assenti ombre e contrasti. Eppure nel Natale si attua un dramma a più voci: il dramma che l’accettazione di Gesù come figlio provoca nella vita di Maria, sconvolgendola; lo sconcerto di Giuseppe, che viene a conoscere il mistero che prende vita nel grembo della sua sposa. E poi le storie, le vite parallele dei pastori e dei magi. Accanto a queste persone e alle loro storie ci sono anche le tenebre, che rifiutano la luce, ma non possono sopraffarla, come sottolinea l’evangelista Giovanni. Il Natale è un dono al quale dobbiamo rimanere aperti, anche se la nostra vita è forse destinata a essere un lungo «avvento», una continua attesa, una domanda la cui risposta tarda a venire. Ma attendere non vuole dire restare passivi. L’Emmanuele, il Dio che viene in mezzo a noi per sanare i contrasti che ci dividono, per ridarci il senso della fraternità e della figliolanza, ci chiede comunque già da ora di porre mano alla sua opera. Il Natale ci chiama a un tentativo sempre nuovo di rinnovarci, di sentirci solidali e partecipi, al di là della devozione convenzionale. Il Natale diventa così per il credente una vocazione. 

Buon Natale e Felice Anno 2020 a tutti i fedeli della Comunità parrocchiale!
                                                                                           don Nicola e padre Ernesto 


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sabato 14 dicembre 2019

3^ Domenica di Avvento

Vieni, Signore, a salvarci
Commento al Vangelo (Mt 11,2-11) 
tratto dal Messalino “Sulla Tua Parola" di Novembre-Dicembre 2019

Oggi la liturgia richiama la nostra attenzione su due parole importanti. La prima Lettura ci parla del “coraggio”. È l’invito che Dio rivolge al suo popolo per bocca del profeta. Coraggio vuol dire lasciare lavorare il cuore, mettere cuore in ogni cosa. Il coraggio non è un vago sentimento, ma è fare le cose di sempre con uno sguardo e una prospettiva più veri. San Camillo de Lellis, fondatore dei Camilliani, diceva ai suoi frati-medici: “più cuore in quelle mani”. Quando si vive così allora non abbiamo nulla da temere: il Signore farà quello che noi non riusciamo a fare, basta lasciarlo lavorare in noi e attraverso di noi. Tutto diventa positivo, non semplice, ma positivo. Alleniamo le nostre mani per farle diventare le mani stesse di Dio, rafforziamo la muscolatura delle nostre gambe per camminare speditamente e sicure verso le strade che Dio indica e verso gli uomini che aspettano l’annuncio di una novità di vita. L’altra parola importante che l’odierna liturgia porta alla nostra attenzione è “costanza”. Viviamo tempi in cui la costanza non è la virtù più praticata. La società dell’usa e getta ci porta, spesso senza averne coscienza, ad uno stile incostante. Siamo sotto la dittatura del “Mi va, non mi va. Me la sento, non me la sento”. Ma cosa produce questo approccio alla vita? Delusione su delusione, costruzioni incomplete, progetti rimasti nel cassetto. Forse coloro ai quali si rivolge Giacomo iniziano a sentire che i tempi di Dio non corrispondono ai loro tempi e inizia un certo lassismo o delusione. Non sarà tutta un’illusione? Chi di noi non è stato toccato, almeno una volta nella vita, da questo drammatico dubbio? Questo accade perché attendiamo la venuta del Signore nel tempo e non nella vita.


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sabato 7 dicembre 2019

Immacolata Concezione della B. V. Maria

Cantate al Signore un canto nuovo,
perché ha compiuto meraviglie
Commento al Vangelo (Lc 1,26-38) 
tratto dal Messalino “Sulla Tua Parola" di Novembre-Dicembre 2019

La Chiesa oggi si complimenta con Maria chiamandola “tutta bella”. Maria, come mostra il Vangelo odierno, non eccelle nell’apparenza: di semplice famiglia, viveva umilmente a Nazareth, un paesino quasi sconosciuto. E non era famosa: anche quando l’angelo la visitò nessuno lo seppe, quel giorno non c’era lì alcun reporter. La Madonna non ebbe nemmeno una vita agiata, ma preoccupazioni e timori: fu “molto turbata”, dice il Vangelo. Tuttavia, la piena di grazia ha vissuto una vita bella. Qual era il suo segreto? Possiamo coglierlo guardando ancora alla scena dell’Annunciazione. In molti dipinti Maria è raffigurata seduta davanti all’angelo con un piccolo libro in mano. Questo libro è la Scrittura. Così Maria era solito ascoltare Dio e intrattenersi con Lui. La Parola di Dio era il suo segreto: vicina al suo cuore, perse poi carne nel suo grembo. Rimanendo con Dio, dialogando con Lui in ogni circostanza, Maria ha reso bella la sua vita. Non l’apparenza, non ciò che passa, ma il cuore puntato verso Dio fa bella la vita. Guardiamo oggi con gioia alla piena di grazia. Chiediamole di aiutarci a rimanere giovani, dicendo “no” al peccato, e a vivere una vita bella, dicendo “sì” a Dio.

Papa Francesco, Angelus, 8 Dicembre 2017


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sabato 30 novembre 2019

1^ Domenica di Avvento

Andiamo con gioia incontro al Signore
Commento al Vangelo (Mt 24,37-44) 
tratto dal Messalino “Sulla Tua Parola" di Novembre-Dicembre 2019

La parola Avvento significa “venuta-attesa” e ha una doppia caratteristica: è tempo di preparazione alla solennità del Natale, in cui si ricorda la prima venuta del Figlio di Dio fra gli uomini; è tempo che spalanca il cuore all’attesa della seconda venuta di Gesù, quando ritornerà per giudicare i vivi e i morti. Nel Vangelo di questa prima domenica di Avvento si parla dei giorni di Noè come giorni di peccato e depravazione, ma se andiamo a leggere bene, cosa facevano questi uomini e queste donne? Mangiavano, bevevano, si sposavano; una vita normale, come quella di ognuno di noi. E allora? Semplicemente non erano più attenti alla voce di Dio. Era diventata talmente scontata da essere dimenticata. Gesù ci dice che può accadere anche a noi di vivere nella spensieratezza e nella dimenticanza. Ecco l’esortazione: “Tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo”. Ed è questo che è drammaticamente accaduto alla venuta di Gesù. Lui era lì in una stalla, ma coloro che pur dicevano di attenderlo non si accorgono di nulla. È troppo umano per essere Dio. E’ sempre tempo di svegliarsi dal sonno, come pastori che nella notte dell’annuncio erano svegli e hanno potuto ascoltare la voce degli angeli. Ora il giorno è alla porta, la luce bussa, chiede di illuminare i giorni della nostra vita. Le opere delle tenebre a cosa servono se non ad addormentare la nostra coscienza?


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sabato 23 novembre 2019

Cristo Re dell'Universo

Gesù Cristo crocifisso, il re "buono" donato dal Padre
Commento alla Liturgia della Domenica, a cura di fr. Antoine-Emmanuel

Al tempo di Davide, fu il popolo a chiedere un re, anzi a scegliersi un re. Oggi noi riceviamo un re. Nella sua tenerezza, il Padre ci dona un re: Gesù Re dell’universo. Ce lo dona sulla croce. Ed il primo ad accoglierlo, a desiderare il suo regno, è un malfattore: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Come avvenne questa conversione? Come giunse a riconoscere Gesù come re, mentre, ci racconta Matteo, poco prima, insultava anch’egli Gesù? Sarà stata la presenza di Maria ai piedi della croce? Certo, è questa conversione che il Padre vuole donarci oggi: confessare la regalità di Gesù. Contemplare Gesù crocifisso, Gesù abbandonato, e riconoscere in Lui Colui, non solo per mezzo e in vista del quale tutte le cose sono state create, ma anche per mezzo e in vista del quale sono state riconciliate tutte le cose. Allora, innamorati di Lui solo e del suo Regno, non avremo più nessun altro re nel nostro cuore. Saremo liberi. Perciò, facciamo nostra la colletta odierna: «Dio onnipotente ed eterno, che hai voluto rinnovare tutte le cose in Cristo tuo Figlio, Re dell’universo, fa’ che ogni creatura, libera dalla schiavitù del peccato, ti serva e ti lodi senza fine».


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sabato 16 novembre 2019

33^ Domenica del Tempo Ordinario

Il Signore giudicherà il mondo con giustizia
Commento al Vangelo (Lc 21,5-19) 
tratto dal Messalino “Sulla Tua Parola" di Novembre-Dicembre 2019

C’è nel cuore di tutti noi un’attesa alla quale spesso non sappiamo dare un nome. Questo ci rende vulnerabili e ci può trasformare da credenti in creduloni, da discepoli dell’unico Maestro ci trasformiamo in seguaci dei tanti santoni che pretendono di sapere i tempi di Dio. Anche da questa deriva ci mette in guardia Gesù. Come poter discernere ciò che è eterno da ciò che è penultimo? Ciò che è vero da ciò che è inganno? Il segno distintivo è la persecuzione, che non è solo quella violenta ma, a volte, prende le sembianze della semplice incomprensione. Quando nelle nostre scelte, nella nostra vita, nella nostra sequela c’è il timbro della croce, solo allora possiamo essere sicuri di star camminando sulla via di Gesù di Nazareth. Il giorno del Signore non sarà altro che il momento del raccolto finale di ciò che si è seminato durante i nostri giorni. Il giudizio non è l’esito di un capriccio di Dio, né qualcosa di predeterminato, non ci sono uomini nati cattivi, predestinati alla perdizione. Noi cristiani siamo chiamati a vivere il giorno del Signore ogni settimana: la domenica non è un giorno come tutti gli altri. Ogni domenica siamo invitati a esaminare la nostra vita, capire se siamo paglia destinata al fuoco, se siamo quei superbi che si perderanno nei pensieri del loro cuore, come canta Maria nel suo Magnificat, oppure se, avendo conservato nel cuore il timore del Signore, saremo scaldati dal sole di giustizia.


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sabato 9 novembre 2019

32^ Domenica del Tempo Ordinario

Ci sazieremo, Signore, contemplando il tuo volto
Commento al Vangelo (Lc 20,27-38) 
tratto dal Messalino “Sulla Tua Parola" di Novembre-Dicembre 2019

Tra le varie interpretazioni della parola amore, una la fa derivare dal latino “a-mors”, cioè “senza morte”. Amare qualcuno qualcosa significa dire: “Tu non morirai”. Questo non hanno capito quei sadducei che oggi pongono quella strana domanda a Gesù, una domanda che usa la cinica ironia per metterlo in ridicolo davanti agli uomini. Pensano alla vita in Dio con le categorie di quaggiù, categorie di sopravvivenza, di amori che non hanno il potere di tenere in vita l’amato. Nella risposta di Gesù c’è un altro criterio di misura. Non ci saranno più né mogli né mariti, non perché non si riconosce l’importanza di quegli amori che hanno dato vita ai nostri giorni, ma semplicemente perché questi amori erano il riflesso di quell’amore totale di cui godranno coloro che vivranno in Dio. Quante volte anche noi pretendiamo di capire la realtà del Regno con le limitate categorie di questa vita, mostrandoci chiusi alla novità dell’annuncio cristiano. Amare in Dio vuol dire non possedere né pretendere di essere la risposta ultima ed esauriente al bisogno d’amore dell’altro. L’amore umano è quella lampada che ci permette di arrivare alla finestra da spalancare per far entrare la luce del sole.


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sabato 2 novembre 2019

31^ Domenica del Tempo Ordinario

La speranza della vita eterna
Commento al Vangelo (Lc 19,1-10) 
tratto dal Messalino “Sulla Tua Parola" di Novembre-Dicembre 2019

Gli uomini e le donne di questa nostra epoca desiderano ancora la vita eterna? O forse l’esistenza terrena è diventata l’unico loro orizzonte? In realtà, come già osservava sant’Agostino, tutti vogliamo la “vita beata”, la felicità. Non sappiamo bene che cosa sia o come sia, ma ci sentiamo attratti verso di essa. L’espressione “vita eterna” vorrebbe dare un nome a questa attesa insopprimibile: non una successione senza fine, ma l’immergersi nell’oceano dell’infinito amore, nel quale il tempo, il prima e il dopo, non esistono più. Una pienezza di vita e di gioia: è questo che speriamo e attendiamo dal nostro essere con Cristo. Rinnoviamo in questo mese la speranza della vita eterna fondata realmente nella morte e risurrezione di Cristo. “Sono risorto e ora sono sempre con te”, ci dice il Signore, e la mia mano ti sorregge. Ovunque tu possa cadere, cadrai nelle mie mani e sarò presente persino alla porta della morte. Dove nessuno può più accompagnarti e dove tu non puoi portare niente, là io ti aspetto per trasformare per te le tenebre in luce. La speranza cristiana non è però mai soltanto individuale, è sempre anche speranza per gli altri. Le nostre esistenze sono profondamente unite le une alle altre ed il bene e il male che ciascuno compie tocca sempre anche gli altri. Così la preghiera di un’anima pellegrina nel mondo può aiutare un’altra anima che si sta purificando dopo la morte. Ecco perché la Chiesa ci invita a pregare per i nostri cari defunti.
Benedetto XVI, Angelus, 2 Novembre 2008


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sabato 26 ottobre 2019

30^ Domenica del Tempo Ordinario

LA “MISURA” DEL PERDONO È NEL CUORE DELL’UMILE
Riflessione su la Liturgia della Parola della Domenica
a cura di d. Vito Di Luca, ssp

Oggi siamo sollecitati a riflettere sulla giustificazione. Al termine della vita saremo di fronte a Dio per essere giudicati sulla sincerità della nostra coscienza. Dio non fa preferenze; l’unico riguardo sarà per il povero, l’orfano e la vedova (I Lettura), per chi si è affidato a Lui e perciò sarà compensato delle ingiustizie patite. Lo stesso Paolo, alla fine della corsa, un’esistenza spesa nell’annuncio del vangelo, fa un bilancio della sua vita: con la grazia del Signore ha conservato la fede (II Lettura) e ha avuto in dono la forza di perdonare ai persecutori; ora attende la corona di giustizia. È nella parabola del fariseo e del pubblicano (Vangelo) che Gesù ci fa conoscere il criterio della giustificazione seguito da Dio, che non si lascia ingannare da chi, come il fariseo, nella sua ipocrita rispettabilità si autoassolve. Dio apprezza, invece, il pubblicano perché non si nasconde dietro finzioni ma sa riconoscersi peccatore, mettendosi a nudo davanti a Dio, chiedendo pietà e misericordia. Egli non confida nelle sue preghiere, che forse non conosce, ma solo nell’infinita misericordia di Dio, al quale non servono tante parole quando gli si apre il cuore con sincerità.


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sabato 19 ottobre 2019

29^ Domenica del Tempo Ordinario

Il mio aiuto viene dal Signore
Commento al Vangelo (Lc 18,1-8) 
tratto dal Messalino “Sulla Tua Parola" di Settembre-Ottobre 2019

Nel Vangelo odierno Gesù ci indica le armi per ottenere ciò che gli chiediamo: la costanza e l’insistenza. Non perché Dio si prende gioco di noi e si diverte a vederci in difficoltà e scoraggiati, ma semplicemente perché vuole che siano manifesti, anzitutto a noi stessi, i nostri più profondi pensieri e i veri desideri. A volte la nostra preghiera può essere simile alla letterina scritta di getto dai bambini a Babbo Natale, nella quale chiedono l’ultimo giocattolo visto in tv, ma non è quello che veramente desiderano e quindi presto si stancano e finiscono per abbandonarlo, annoiati, in un angolo della stanza. L’insistenza nella richiesta è il segno che quello che chiediamo ci sta veramente a cuore e che, una volta ottenuto, ci aiuta a permanere nella pienezza della gioia. Nella nostra vita di fede ci saranno tanti nemici – come Amalèk nella prima lettura – che dovremo combattere per il nostro desiderio di arrivare a Dio. In questa guerra lui non ci lascia soli, ma si occupa di noi grazie a coloro che sostengono la nostra preghiera. Anche San Paolo ci esorta ad “appoggiarci su qualcosa di solido e di sicuro”. Un sostegno che ci viene dalla certezza che il Signore è risorto e vivente e che possiamo rafforzare con la frequentazione della Parola e dei Sacramenti.


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sabato 12 ottobre 2019

28^ Domenica del Tempo Ordinario

Il Signore ha rivelato ai popoli la sua giustizia
Commento al Vangelo (Lc 17,11-19) 
tratto dal Messalino “Sulla Tua Parola" di Settembre-Ottobre 2019

I lebbrosi che nel brano del Vangelo odierno si avvicinano a Gesù sono stati davvero coraggiosi: secondo la legge, dovevano infatti tenersi a debita distanza dai villaggi e annunciarsi tramite dei campanacci legati ai piedi. Come superano la distanza tra loro e Gesù? Con un grido. La loro stessa malattia era un grido che nessuno ascoltava più. Il grido della preghiera copre la distanza tra noi e Dio: non c’è lebbra che tenga, non c’è condizione che possa vincere sulla preghiera. Cosa chiedono? “Abbi pietà!”. Esattamente quello che facciamo noi all’inizio di ogni celebrazione eucaristica: chiediamo che sia colmata la distanza tra noi e Lui. Lo chiediamo a Lui che, solo, può superare questa enorme distanza. Quanto dovremmo lavorare, come cristiani, alla costruzione di vere comunità solidali! Il cristianesimo è una modalità di vivere la fede in maniera personale, ma non solitaria. Il consiglio di Gesù è assurdo: andate a presentarvi ai sacerdoti. Li tratta come fossero già guariti e loro si fidano,   e infatti durante il cammino verso il tempio avviene la loro guarigione. Solo uno, rendendo grazie a Dio, sarà salvato. La certezza della nostra fede non si basa su una nostra capacità di coerenza morale, messa a dura prova dal nostro limite e dalle difficoltà della vita, né si fonda sulla nostra fedeltà al Signore: sappiamo quanto siamo infedeli, peccatori, idolatri. E’ lui che rimane fedele: al progetto del Padre e al desiderio dell’uomo. Al Padre che vuole la salvezza per tutti i suoi figli, all'uomo che desidera questa salvezza.


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sabato 5 ottobre 2019

27^ Domenica del Tempo Ordinario

Ascoltate oggi la voce del Signore
Commento al Vangelo (Lc 17,5-10) 
tratto dal Messalino “Sulla Tua Parola" di Settembre-Ottobre 2019

Gesù aveva raccontato la parabola del povero Lazzaro e del ricco subito dopo aveva parlato ai suoi discepoli dell’inevitabilità degli scandali e dell’importanza della correzione fraterna e del perdono. Chi di noi, di fronte a queste proposte così difficili, non avrebbe fatto la stessa richiesta fatta dagli apostoli: “Accresci la nostra fede!”. Alla base di tutto c’è sempre la fede. Ogni nostro atteggiamento, ogni giudizio, ogni scelta è conseguenza della qualità della nostra fede. Gesù li spiazza ancora di più, alza il tiro, parte da un granello di senape, il più piccolo tra i semi che ha in sé la possibilità di un albero enorme. Alla luce di questo esempio possiamo leggere e capire quel “siamo servi inutili” che tanto ci lascia perplessi. Se il seme pensasse in cuor suo di poter fare tutto da solo, senza l’aiuto della terra, senza l’ausilio della pioggia, non avrebbe futuro. Solo se accetta di diventare inutile potrà dare vita all’albero. Se si tiene stretta la sua identità di seme sarà destinato a dissolversi. Essere servi inutili è la più grande libertà che il Signore poteva donarci: fare ciò che dovevamo, sapendo che c’è chi completerà i nostri timidi inizi.


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sabato 28 settembre 2019

26^ Domenica del Tempo Ordinario

Loda il Signore, anima mia
Riflessione sul Vangelo della Domenica da "maranatha.it"

Il vangelo è denuncia profetica di ogni ordinamento ingiusto e rivelazione delle cause profonde dell’ingiustizia. Anche il povero può essere un ricco potenziale e lottare non per la giustizia ma per prendere il posto dei padroni. Il vangelo è appello alla conversione radicale per tutti, poveri e ricchi, conversione da realizzare subito. «Anche tra i ricchi Gesù annunzia il Regno che viene. Ma condanna i mali che la ricchezza trascina con sé: vede il ricco prigioniero dei suoi beni portato a escludere ogni altro valore, a considerare i suoi simili strumento della sua avidità. Il ricco epulone della parabola evangelica che banchetta lautamente e non si dà pena di Lazzaro, un povero mendicante affamato e coperto di piaghe, non ne è ancora l’immagine più completa. Lo sono ancor più i suoi cinque fratelli che continuano spensierati a gozzovigliare, insensibili fino al punto che nemmeno un morto risuscitato potrebbe scuoterli». Nella parabola viene mostrato come la prospettiva del futuro abbia peso sull’oggi e come il rapporto dell’uomo con l’uomo abbia un riflesso con il suo definitivo essere innanzi a Dio. Il vangelo è una forza dinamica di trasformazione e di cambiamento «continuo». L’avventura dell’amore, inaugurata da Cristo e proseguita dopo di lui, invitando l’uomo ad acconsentire attivamente alla legge della libertà, ha di fatto causato una progressiva trasformazione dei rapporti tra gli uomini... Non è però un manifesto rivoluzionario e neppure un programma di riforma in materia sociale. E’ qualcosa di più e di più essenziale. Il vangelo non ci insegna nulla sulla rivoluzione. Tentare di costruire una teologia della rivoluzione partendo dal vangelo è illudersi e non cogliere l’essenziale. Sul piano degli obiettivi e dei mezzi, i cristiani e i non cristiani devono fare appello alle risorse della razionalità umana, scientifica e morale; gli uni e gli altri devono ricercare le soluzioni efficaci, anche se i comportamenti concreti possono divergere. Ma i cristiani, presi nell’avventura dell’amore e nella sola misura in cui accettano di viverla come Cristo e alla sua sequela, saranno più attenti a fare in modo che essa non degeneri in nuove oppressioni e in nuovo legalismo.



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sabato 21 settembre 2019

25^ Domenica del Tempo Ordinario

Benedetto il Signore che rialza il povero
Commento al Vangelo (Lc 16,1-13) 
tratto dal Messalino “Sulla Tua Parola" di Settembre-Ottobre 2019

Immaginiamo un magistrato dei nostri giorni di fronte al brano evangelico di questa domenica: quanti reati potrebbe imputare a quell’amministratore infedele? Sicuramente uno dei reati sarebbe quello di “appropriazione indebita”, in quanto dispone a suo piacimento di qualcosa che non è suo. Ma forse qualche reato si potrebbe imputare anche a Gesù, magari solo quello di “istigazione all’appropriazione indebita”. In realtà la sfera esistenziale in cui si muove il Maestro non è quella giustizialista, ma quella della speranza. Questo amministratore poco accorto aveva danti a sé due strade. La prima, forse la più facile: approfittare del suo potere sui debitori e pretendere “la tangente”; la seconda: usare una misura larga sperando di trovare gratitudine. Sceglie quest’ultima. Non si è fatto vincere dalla possibilità di un tornaconto immediato, ma ha scommesso su una riconoscenza futura, ha deciso di dare credito al cuore di quei debitori e alla loro capacità di bene. Scommette, come fa Dio con ognuno di noi quando punta sulla nostra capacità di bene, anche quando ci vede immersi in una moltitudine di peccati. Fedeli non vuol dire essere devoti e pii, bensì usare con amore le ricchezze che Dio ci affida. Per chi si è dimostrato indifferente e insensibile verso la costruzione di una comunione tra gli uomini non ci sarà la comunione piena e perfetta in Dio. Il Paradiso non bisogna conquistarlo, ma costruirlo, giorno dopo giorno, rapporto dopo rapporto, di carità in carità.


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sabato 14 settembre 2019

24^ Domenica del Tempo Ordinario

Ricordati di me, Signore, nel tuo amore
Commento al Vangelo (Lc 14,25-33) 
tratto dal Messalino “Sulla Tua Parola" di Settembre-Ottobre 2019

“Il Vangelo dei perduti”: così viene chiamata la pagina dell’evangelista Luca che ci viene proposta nell’odierna liturgia. Tutti perdono qualcosa o qualcuno. Il pastore perde la pecora fuori dal recinto, la donna perde la moneta dentro la casa, il Padre perde il figlio che va fuori e anche quello che resta dentro. Quel pastore aveva altre novantanove pecore, poteva tranquillamente starsene comodo e lasciare quella smarrita al suo destino, una pecora in meno non lo avrebbe messo sulla soglia della povertà. Eppure quell’assenza brucia, non lo lascia tranquillo. Si mette a cercarla, la trova e la riporta insieme alle altre, invitando gli amici a condividere la sua gioia. Quella donna ha altre nove monete, eppure non si dà pace finché non trova quella che aveva smarrito; la cerca, la trova e invita le amiche a far festa. Il padre perde un figlio eppure lo aspetta, la sua vita è tutta in quell’attesa. Lo cerca con lo sguardo e finalmente lo trova, e corre, lo abbraccia e organizza una festa, gli dà nuovamente la dignità perduta. E non sa che così facendo perde il figlio maggiore, o forse si accorge che quel figlio era già perduto. Esce nuovamente, lo cerca, lo invita alla festa. Non sappiamo se quel figlio entra, perché quel figlio sono io. A me tocca la decisione.


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sabato 7 settembre 2019

23^ Domenica del Tempo Ordinario

Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione
Commento al Vangelo (Lc 14,25-33) 
tratto dal Messalino “Sulla Tua Parola" di Settembre-Ottobre 2019

A volte Gesù sembra disumano nelle sue pretese. Oggi il Vangelo ci pone di fronte a una di queste esagerazioni del Signore. Amarlo più del proprio padre, della propria moglie, dei figli… e della propria vita è qualcosa che va al di là delle capacità umane. Eppure è proprio quando Gesù alza il tiro che ci sta dicendo qualcosa di fondamentale, non solo per la fede ma anche per la vita. Basta guardarsi intorno per scoprire che questa norma è alla base di ogni sano approccio alla realtà. Se ho sete vorrei che il ruscello che attraversa il mio cammino avesse acque potabili e allora è naturale amare quelle acque ma, per fare questo, devo amare anzitutto e soprattutto la sorgente e poi desiderare di avere acqua buona nella propria casa. Solo uno stolto potrebbe inquinare la sorgente e poi pretendere di avere acqua buona nella propria casa, per la propria sete. In questo paragone, forse fin troppo banale, sta la spiegazione dell’affermazione di Gesù: non posso amare veramente chi mi sta intorno, chi mi ha dato la vita, coloro a cui ho dato la vita se non amo anzitutto l’Amore. Amare Gesù vuol dire amare la fonte dell’Amore e quindi di ogni amore. Ed ecco che quella che sembrava una pretesa, altro non è che la strada certa per amare veramente.


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sabato 24 agosto 2019

21^ e 22^ Domenica del Tempo Ordinario

Tutti i popoli vedranno la gloria del Signore
Genti tutte, lodate il Signore,
popoli tutti, cantate la sua lode. 

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sabato 10 agosto 2019

19^ e 20^ Domenica del Tempo Ordinario

Beato il popolo scelto dal Signore
Beata la nazione che ha il Signore come Dio,
il popolo che egli ha scelto come sua eredità 

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sabato 27 luglio 2019

17^ e 18^ Domenica del Tempo Ordinario

Signore, insegnaci a pregare
Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore:
hai ascoltato le parole della mia bocca 

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sabato 13 luglio 2019

15^ e 16^ Domenica del Tempo Ordinario

I precetti del Signore fanno gioire il cuore 
La legge del Signore è perfetta, rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è stabile, rende saggio il semplice

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sabato 29 giugno 2019

13^ e 14^ Domenica del Tempo Ordinario

Spiritualità del "Tempo Ordinario": 
tempo di sequela e discepolato
a cura di Matteo Ferrari, OSB 

Il tempo ordinario è costituito da trentatré o trentaquattro settimane, distribuite tra la festa del battesimo del Signore e l’inizio della quaresima (primo periodo), e tra la settimana dopo pentecoste e la solennità di Cristo Re (secondo periodo). A differenza degli altri tempi liturgici, il tempo ordinario non celebra un particolare mistero della vita del Signore e della storia della salvezza, bensì il mistero di Cristo nella sua interezza. È il tempo per eccellenza della sequela e del discepolato, sulle orme di Gesù verso il compimento della storia (XXXIV domenica). Due elementi sono fondamentali per cogliere il significato e l’importanza del tempo ordinario: il lezionario, con la lettura semicontinua dei vangeli sinottici, e la domenica. Intorno a questi due assi portanti, la Chiesa nel tempo ordinario si può sperimentare in cammino, sostenuta dalla parola, sulle orme di colui che per lei e per l’umanità intera ha donato la sua vita. Celebrando così il mistero di Cristo nel tempo del suo pellegrinaggio, la Chiesa impara a conformare la sua vita a quella del suo Signore. Il tempo ordinario, che spesso viene considerato quasi un tempo minore, un tempo poco significativo, è invece il tempo dove si gioca in qualche modo la verità degli altri tempi, il tempo dell’ordinarietà e della quotidianità, il tempo della vita dei discepoli di Gesù che devono fare della Pasqua il criterio fondamentale della loro esistenza. Il tempo ordinario, se vissuto nella fedeltà al cammino che la liturgia ci propone, può divenire il tempo “custode” di quella “capacità di ordinarietà” di cui oggi forse noi e le nostre comunità abbiamo bisogno.


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sabato 22 giugno 2019

Corpus Domini

Tu sei sacerdote per sempre, Cristo Signore
Commento al Vangelo (Lc 9,11-17) 
tratto dal Messalino “Sulla Tua Parola" di Maggio-Giugno 2019

Nel Vangelo di questa domenica Gesù insegna alle folle l’azione potente di Dio quale re; inoltre guarisce le persone afflitte dalle più svariate malattie. Infine desidera fermarsi ancora per offrire cibo in abbondanza. Facendo così, egli mostra di prendersi cura della vita di tutti, quale vero pastore, e di fare della moltitudine una grande famiglia, nella comunione del pasto preso assieme e servito dai discepoli, ma dato da lui. Quella massa di gente, la più disparata, diventa così un popolo solo. Prima della distribuzione Gesù eleva gli occhi al cielo per far capire che all’origine di tanta provvidenza sta il dono del Padre celeste che dall’alto guarda quell’assembramento di persone, segnate dalla sofferenza. Gesù si comporta da vero padrone di casa che invita ospiti e presiede al pasto. Così avverrà nell’ultima Cena, quando con lo stesso gesto di prendere il pane, offrirà tuttavia un cibo di altro valore, il suo corpo donato, e inviterà a bere una bevanda, quale sangue versato. Ma non si può comprendere tutto ciò se non in vista del banchetto escatologico nel regno di Dio. Di quel regno il Maestro aveva parlato a quella gente di Galilea, che forse attendeva qualcosa di più materiale.


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sabato 15 giugno 2019

Santissima Trinità

O Signore, quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra!
Commento al Vangelo (Gv 16,12-15) 
tratto dal Messalino “Sulla Tua Parola" di Maggio-Giugno 2019

Gesù è la verità perché fa conoscere il volto nascosto, misterioso e inaccessibile del Padre. A tale missione si aggiunge quella dello Spirito di verità che glorifica Gesù per renderlo luminoso al credente, per farlo vedere quale Figlio eterno del padre e che da lui ha ricevuto ogni cosa, a tal punto che può dire: “Tutto quello che il Padre possiede è mio”. Così lo Spirito Santo porta a conoscenza perfetta la persona di Cristo, la sua opera, il mistero salvifico che lo congiunge in comunione di vita con il Padre. Un preciso ambito della sua funzione è quello di aiutare i credenti a comprendere l’insegnamento di Cristo. Lo Spirito insegna nel cuore dei discepoli la verità che essi hanno appreso pubblicamente da Cristo, perché la possano poi annunciare agli uomini. Non dobbiamo pensare certo che Gesù non ci abbia insegnato ogni cosa, che abbia tralasciato qualche verità importante, che non abbia detto tutto circa il mistero di Dio e della nostra salvezza. Lo Spirito non porterà nuove verità rispetto a ciò che ha detto Gesù, ma ne darà l’interpretazione, l’intelligenza piena e l’assimilazione profonda. Allo stesso modo Gesù non porta una dottrina sua, ma quella del Padre e parla in suo nome.


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sabato 8 giugno 2019

Pentecoste

Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la terra
Commento al Vangelo (Gv 14,15-16.23-26) 
tratto dal Messalino “Sulla Tua Parola" di Maggio-Giugno 2019

L’invio dello Spirito da parte del Padre avviene per intercessione di Gesù. Egli lo qualifica come “un altro Paràclito”, per indicare che il primo è lui stesso e che l’azione dello Spirito Santo sarà in continuazione con la sua. Questa presenza non risulta passeggera o momentanea, riservata in particolari situazioni, ma sarà “un rimanere per sempre”, una dimora stabile, una presenza duratura. I cristiani sono idonei a percepire la presenza dello Spirito solo se amano il Cristo, nella disponibilità a obbedire ai suoi insegnamenti. La venuta dello Spirito permette l’abitazione di Dio nel credente con la conseguente effusione dell’amore divino. Poiché lo Spirito è l’unione del Padre e del Figlio, in lui si attua la presenza degli altri due. Uno dei compiti dello Spirito riguarda l’ammaestramento del tutto interiore nel cuore del credente. Lo Spirito testimonia la verità degli insegnamenti di Gesù, per farli ricordare, affinché siano gustati in profondità e capiti nella loro continua attualità. Non sono parole che non fanno più presa sul presente, destinate a essere sostituite con altri insegnamenti più moderni. Anzi, nella luce dello Spirito la parola di Gesù brilla nella sua ricchezza.


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sabato 1 giugno 2019

Ascensione del Signore Gesù

Ascende il Signore tra canti di gioia
Commento al Vangelo (Lc 24,46-53) 
tratto dal Messalino “Sulla Tua Parola" di Maggio-Giugno 2019

La solennità dell’Ascensione del Signore racchiude due elementi. Da una parte orienta il nostro sguardo al cielo, dove Gesù glorificato siede alla destra di Dio. Dall’altra parte, ci ricorda l’inizio della missione della Chiesa: Gesù risorto e asceso al cielo manda i suoi discepoli a diffondere il Vangelo in tutto il mondo. Pertanto questa festa ci esorta ad alzare lo sguardo al cielo, per poi rivolgerlo subito alla terra, attuando i compiti che il Signore risorto ci affida. L’Ascensione del Signore al cielo, mentre inaugura una nuova forma di presenza di Gesù in mezzo a noi, ci chiede di avere occhi e cuore per incontrarlo, per servirlo e per testimoniarlo agli altri. Si tratta di essere uomini e donne dell’Ascensione, cioè cercatori di Cristo lungo i sentieri del nostro tempo, portando la sua parola di salvezza sino ai confini della terra. In questo itinerario noi incontriamo Cristo stesso nei fratelli, soprattutto nei più poveri, in quelli che soffrono nella propria carne la dura e mortificante esperienza di vecchie e nuove povertà. Come all’inizio Cristo Risorto inviò i suoi apostoli con la forza dello Spirito Santo, così oggi Egli invia tutti noi, con la stessa forza, per porre segni concreti e visibili di speranza. Perché Gesù ci dà la speranza, se ne è andato in cielo e ha aperto le porte del cielo e la speranza che noi arriveremo lì.
Papa Francesco, Regina coeli, 13 Maggio 2018 


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sabato 25 maggio 2019

6^ Domenica di Pasqua

Ti lodino i popoli o Dio, ti lodino i popoli tutti
Commento al Vangelo (Gv 14,23-29) 
tratto dal Messalino “Sulla Tua Parola" di Maggio-Giugno 2019

Quando si parte si saluta. Non così va inteso il commiato di Gesù, che dona ai suoi discepoli la pace, che comprende quei beni messianici che solo Cristo può consegnare, quale frutto della vittoria sull’odio del mondo. Se Gesù sta per tornare al Padre, l’amore dei discepoli deve superare il dramma della partenza e protrarsi al di là del contatto visibile. E’ solo nell’amore che si stabilisce la comunione con Cristo, che permette la sua abitazione e quella di suo Padre nel cuore di coloro che osservano il suo insegnamento evangelico. Non può esserci l’uno, l’amore, senza l’altra, l’osservanza della sua Parola. Anche il Paràclito insegna a far conoscere il nome di Gesù, per condurre il credente alla comprensione del mistero del Figlio unigenito. Gesù sembra andare verso l’umiliazione del calvario, in realtà si dirige verso la realtà piena e definitiva, quella del Padre, più grande di lui. Ciò deve far nascere la gioia, in quanto Gesù può orientare i suoi seguaci verso la casa del Padre, che è pienezza di felicità. Per questo la partenza di Gesù non costituisce una separazione definitiva, anche perché egli ritorna nella potenza dello Spirito Santo. I credenti lo possono sperimentare.


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