sabato 29 ottobre 2016

Calendario liturgico del 30 Ottobre 2016

Nel Vangelo di oggi: la storia di Zaccheo che cambia vita
L’INCONTRO CON GESÙ APRE IL CUORE

Il Figlio dell’uomo è venuto per salvare chi era perduto

La prima lettura descrive l’amore di Dio per le sue creature: «hai compassione di tutti, perché tutto tu puoi, non guardi ai peccati degli uomini, in vista del pentimento. Poiché tu ami tutte le cose esistenti e nulla disprezzi di quanto hai creato». Nel vangelo Gesù attua le parole profetiche della Sapienza, comunica l’amore gratuito di Dio al peccatore Zaccheo. E questi si converte, apre il cuore e le mani.
Il gesto esteriore del dare, come ogni gesto umano, è di per sé ambiguo. Il dono di un uomo chiuso in se stesso, tutto proteso alla affermazione di sé è egoismo camuffato. La beneficenza molte volte può essere la copertura dello sfruttamento, anzi il mezzo per continuarlo. Il gesto di Zaccheo invece, che restituisce il quadruplo a coloro che aveva defraudato e dà la metà dei suoi beni «ai poveri», nasce da una «conversione» interiore, da un cambiamento di rotta, avvenuto nell’incontro con Gesù. Incontrando l’Amore, scoprendo d’essere amato, uno diventa capace di incontrare gli altri. Li guarda con occhi diversi, non più come soggetti di cui godere, ma come persone da amare. E questo perché finalmente riesce a guardare se stesso e la sua vita con gli occhi di coloro a cui aveva fatto ingiustizia. Allora anche il denaro cambia direzione: al gesto dell’arraffare si sostituisce il gesto del dare  gratuitamente. E così il denaro da oggetto di preda diventa segno di comunione.
Cristo, divenuto ospite di Zaccheo, illumina questo cambiamento e lo interpreta nel senso di grazia e di liberazione: «oggi la salvezza è entrata in questa casa». Cristo è veramente l’evangelizzatore di tutti: poveri e ricchi. La sua preferenza va ai poveri, agli ultimi: «mi ha mandato per annunciare ai poveri un lieto messaggio» (Lc 4,18). «La salvezza operata da Cristo è totale e integrale. Si estende cioè a tutto l’uomo e a tutti gli uomini» (CdA, pag. 104).    
 
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Martedì 1 Novembre, dalle ore 10,15
PROCESSIONE DI SAN BERNARDINO,
SANTA MESSA SOLENNE E RITO DE “S’INSERRU”

Itinerario processione: Chiesa parrocchiale, P.zza Giovanni XXIII, Via Carmine, 

Via Eleonora (dai nn. civ. 6/13 a 8/17), Via Libertà (dai nn. civ. 1/2 a 14/21), Via Costa, 
Via Lussu, Via Dessì, Via Onnis, Via Sanna, Via Sardegna, Via G. Garau, Via Lussu, 
Via Nuova, Piazza del Popolo, Via F.lli Cervi, Via Gramsci, P.zza Giovanni XXIII, Chiesa.

sabato 22 ottobre 2016

Calendario liturgico del 23 Ottobre 2016

Nel Vangelo di oggi: la parabola del fariseo e del pubblicano
IL POVERO GRIDA E IL SIGNORE LO ASCOLTA

Dio rende giusto chi lo cerca con fede

Gli uomini partecipano tutti della stessa impotenza e sono solidali nello stesso stato di rottura con Dio: non possono salvarsi da se stessi, non possono cioè entrare da soli nella amicizia di Dio. Il primo atto di verità che l’uomo deve compiere è riconoscersi peccatore, impotente a salvarsi, e aprirsi quindi all’azione di Dio. Nella parabola di questa domenica ci sono due modi di concepire l’uomo e il suo rapporto con Dio. La preghiera del fariseo è un rendimento di grazie a Dio. Solo apparente però. In realtà è un pretesto per lodare se stesso e non Dio, compiacersi di sé per la mancanza di ogni peccato e per il merito delle buone opere, in forza delle quali si ritiene giustificato ed «esige» da Dio la ricompensa. La preghiera del fariseo non è preghiera, anzi è l’opposto. Il pubblicano invece è «nella verità»: è consapevole della sua colpa e di non avere meriti davanti a Dio. Chiede grazia. La sua è vera preghiera. Perciò dietro i due personaggi della parabola si può scorgere l’opposizione tra due tipi di giustizia: quella dell’uomo che ritiene di poterla realizzare col compimento perfetto della legge e quella che Dio concede al peccatore che si riconosce tale e che si converte. Il tema paolino della giustificazione mediante la fede si trova già delineato in questa parabola. Il cristiano è un uomo realmente giustificato mediante la fede in Gesù Cristo, in colui che è ad un tempo il dono sostanziale dei Padre e quell’uomo fra gli uomini che ha potuto costruire l’unica risposta umana gradita a Dio. E’ questo il motivo per cui la fede in Gesù salva. Infatti Gesù inaugura nella sua persona il regno del Padre in cui si compie il destino dell’uomo. Per sé, come per i suoi fratelli, Gesù esige la rinuncia assoluta che implica la fedeltà alla condizione di creatura: la rinuncia è sino alla morte e, se necessario, sino alla morte in croce.  
maranatha.it


Sabato 22 e Domenica 23 Ottobre
GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE

Le offerte raccolte nel corso delle SS. Messe saranno devolute alle Missioni

sabato 15 ottobre 2016

Calendario liturgico del 16 Ottobre 2016

Nel Vangelo di oggi una parabola sulla necessità di pregare senza stancarsi
IL SIGNORE ASCOLTA LA NOSTRA PREGHIERA

La lezione di preghiera della vedova che non si arrende

Dal Vangelo secondo Luca (18,1-8)
In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: «In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c'era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”. Per un po' di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”». E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

Disse una parabola sulla necessità di pregare sempre. E a noi pare un obiettivo impossibile da raggiungere. Ma il pregare sempre non va confuso con il recitare preghiere senza interruzione, Gesù stesso l'ha detto: quando pregate non moltiplicate parole. Vale più un istante nell'intimità che mille salmi nella lontananza (Evagrio il Pontico). Perché pregare è come voler bene. Infatti c'è sempre tempo per voler bene: se ami qualcuno, lo ami sempre. Così è con Dio: «il desiderio prega sempre, anche se la lingua tace. Se tu desideri sempre, tu preghi sempre» (S. Agostino). Il Vangelo ci porta a scuola di preghiera da una vedova, una bella figura di donna, forte e dignitosa, che non si arrende, fragile e indomita al tempo stesso. Ha subito ingiustizia e non abbassa la testa. C'era un giudice corrotto. E una vedova si recava ogni giorno da lui e gli chiedeva: fammi giustizia contro il mio avversario! Gesù lungo tutto il Vangelo ha una predilezione particolare per le donne sole, perché rappresentano l'intera categoria biblica dei senza difesa, vedove orfani forestieri, i difesi da Dio. Una donna che non si lascia schiacciare ci rivela che la preghiera è un “no” gridato al “così vanno le cose”, è come il primo vagito di una storia nuova che nasce. Perché pregare? È come chiedere: perché respirare? Per vivere. La preghiera è il respiro della fede. Come un canale aperto in cui scorre l'ossigeno dell'infinito, un riattaccare continuamente la terra al cielo. Come per due che si amano, il respiro del loro amore.
Forse tutti ci siamo qualche volta stancati di pregare. Le preghiere si alzavano in volo dal cuore come colombe dall'arca del diluvio, ma nessuna tornava indietro a portare una risposta. E mi sono chiesto, e mi hanno chiesto, tante volte: ma Dio esaudisce le nostre preghiere, si o no? La risposta di un grande credente, il martire Bonhoeffer è questa: «Dio esaudisce sempre, ma non le nostre richieste bensì le sue promesse». E il Vangelo ne è pieno: non vi lascerò orfani, sarò con voi, tutti i giorni, fino alla fine del tempo.
Non si prega per cambiare la volontà di Dio, ma il cuore dell'uomo. Non si prega per ottenere, ma per essere trasformati. Contemplando il Signore veniamo trasformati in quella stessa immagine (cfr 2 Corinzi 3,18). Contemplare, trasforma. Uno diventa ciò che contempla con gli occhi del cuore. Uno diventa ciò che prega. Uno diventa ciò che ama.Infatti, dicono i maestri dello spirito «Dio non può dare nulla di meno di se stesso, ma dandoci se stesso ci dà tutto» (Santa Caterina da Siena). Ottenere Dio da Dio, questo è il primo miracolo della preghiera. E sentire il suo respiro intrecciato per sempre con il mio respiro.
padre Ermes Ronchi 


Giovedì 20 Ottobre, ore 20
VEGLIA MISSIONARIA DIOCESANA

c/o Parrocchia S. Barbara - Villacidro

sabato 8 ottobre 2016

Calendario liturgico del 9 Ottobre 2016

Nel Vangelo di oggi: il racconto della guarigione dei dieci lebbrosi
GESÙ HA FRETTA DI GUARIRE L’UOMO
 

In questa domenica apriamo il nuovo Anno Pastorale 2016/2017 

Gesù è in cammino. E come lungo ogni cammino, la lentezza favorisce gli incontri, l'attenzione trasforma ogni incontro in evento. Ed ecco che dieci lebbrosi, una comunità senza speranza, un nodo di dolore, all'improvviso si pone di traverso sulla strada dei dodici. E Gesù appena li vede... notiamo: subito, senza aspettare un secondo di più, "appena li vede", prima ancora di sentire il loro lamento. Gesù ha l'ansia di guarire, il suo amore ha fretta, è amore preveniente, amore che anticipa, pastore che sfida il deserto per una pecora che non c'è più, padre che corre incontro mentre il figlio cammina... Davanti al dolore dell'uomo, appaiono i tre verbi dell'agire di Cristo: vedere, fermarsi, toccare, anche se solo con la carezza della parola. Davanti al dolore scatta come un'urgenza, una fretta di bene: non devono soffrire neanche un secondo di più [...]. Andate... E mentre andavano, furono purificati. Sono purificati non quando arrivano dai sacerdoti, ma mentre camminano. La guarigione comincia con il primo passo compiuto credendo alla parola di Gesù. La vita guarisce non perché raggiunge la meta, ma quando salpa, quando avvia processi e inizia percorsi. Nove lebbrosi guariscono e non sappiamo più nulla di loro, probabilmente scompaiono dentro il vortice della loro inattesa felicità, sequestrati dagli abbracci ritrovati, ridiventati persone libere e normali. Invece un samaritano, uno straniero, l'ultimo della fila, si vede guarito, si ferma, si gira, torna indietro, perché intuisce che la salute non viene dai sacerdoti, ma da Gesù; non dalla osservanza di regole e riti, ma dal contatto con la persona di quel rabbi. Non compie nessun gesto eclatante: torna, canta, lo stringe, dice un semplice grazie, ma contagia di gioia. Ancora una volta il Vangelo propone un samaritano, uno straniero, un eretico come modello di fede: la tua fede ti ha salvato. La fede che salva non è una professione verbale, non si compone di formule ma di gesti pieni di cuore: il ritorno, il grido di gioia, l'abbraccio che stringe i piedi di Gesù. Il centro della narrazione è la fede che salva. Tutti e dieci sono guariti. Tutti e dieci hanno creduto alla parola, si sono fidati e si sono messi in cammino. Ma uno solo è salvato. Altro è essere guariti, altro essere salvati. Nella guarigione si chiudono le piaghe, rinasce una pelle di primavera. Nella salvezza ritrovi la sorgente, tu entri in Dio e Dio entra in te. 
padre Ermes Ronchi


Sabato 8 e Domenica 9 Ottobre, alle SS. Messe
INAUGURAZIONE DEL NUOVO
ANNO PASTORALE 2016/2017
 

Per tutti i bambini/ragazzi del Catechismo:
Domenica 9 Ottobre, ore 9,30, Santa Messa e “Caccia al Tesoro” in Oratorio

sabato 1 ottobre 2016

Calendario liturgico del 2 Ottobre 2016

Il Vangelo della domenica ci fa riflettere sulla fede e sul servizio
LA FEDE: ATTO DI ADESIONE A DIO

Chiamati a orientare la nostra vita verso il Signore

È un male molto diffuso tra i credenti quello di considerare la fede come un atteggiamento puramente intellettuale, come la semplice accettazione di alcune verità. Cioè una fede che si traduce in una presa di posizione teorica, senza una vera incidenza sulla vita. Questo squilibrio ha come conseguenza lo scandalo della croce: l’esitazione davanti alle difficoltà che incontriamo ogni giorno e che sono sovente insormontabili se noi non siamo abbastanza radicati in Dio. Allora ci rivoltiamo con la stessa reazione insolente e insultante che scopriamo nelle parole del libro di Abacuc.
Le due brevi parabole del testo evangelico ricordano due proprietà della fede: l’intensità e la gratuità. Per mettere in rilievo il valore di una fede minima, ma solida, Cristo insiste sugli effetti che può produrre: cambiare di posto anche all’albero più profondamente radicato. Per insistere sulla fede come dono di Dio, porta l’esempio del servitore che pone il servizio del suo amore prima di provvedere ai suoi propri bisogni. È l’esigenza del servizio del Vangelo che ci ricorda san Paolo (1Tm 1,1), ma questo stesso apostolo ci avverte che “i lavori penosi” trovano sempre l’appoggio della grazia di Dio. 
 
lachiesa.it


 Domenica 2 Ottobre, a Nuoro
GIUBILEO REGIONALE DEI CATECHISTI


Sabato 8 Ottobre, ad Ales dalle ore 16
GIUBILEO DIOCESANO DEGLI OPERATORI CARITAS