sabato 28 settembre 2019

26^ Domenica del Tempo Ordinario

Loda il Signore, anima mia
Riflessione sul Vangelo della Domenica da "maranatha.it"

Il vangelo è denuncia profetica di ogni ordinamento ingiusto e rivelazione delle cause profonde dell’ingiustizia. Anche il povero può essere un ricco potenziale e lottare non per la giustizia ma per prendere il posto dei padroni. Il vangelo è appello alla conversione radicale per tutti, poveri e ricchi, conversione da realizzare subito. «Anche tra i ricchi Gesù annunzia il Regno che viene. Ma condanna i mali che la ricchezza trascina con sé: vede il ricco prigioniero dei suoi beni portato a escludere ogni altro valore, a considerare i suoi simili strumento della sua avidità. Il ricco epulone della parabola evangelica che banchetta lautamente e non si dà pena di Lazzaro, un povero mendicante affamato e coperto di piaghe, non ne è ancora l’immagine più completa. Lo sono ancor più i suoi cinque fratelli che continuano spensierati a gozzovigliare, insensibili fino al punto che nemmeno un morto risuscitato potrebbe scuoterli». Nella parabola viene mostrato come la prospettiva del futuro abbia peso sull’oggi e come il rapporto dell’uomo con l’uomo abbia un riflesso con il suo definitivo essere innanzi a Dio. Il vangelo è una forza dinamica di trasformazione e di cambiamento «continuo». L’avventura dell’amore, inaugurata da Cristo e proseguita dopo di lui, invitando l’uomo ad acconsentire attivamente alla legge della libertà, ha di fatto causato una progressiva trasformazione dei rapporti tra gli uomini... Non è però un manifesto rivoluzionario e neppure un programma di riforma in materia sociale. E’ qualcosa di più e di più essenziale. Il vangelo non ci insegna nulla sulla rivoluzione. Tentare di costruire una teologia della rivoluzione partendo dal vangelo è illudersi e non cogliere l’essenziale. Sul piano degli obiettivi e dei mezzi, i cristiani e i non cristiani devono fare appello alle risorse della razionalità umana, scientifica e morale; gli uni e gli altri devono ricercare le soluzioni efficaci, anche se i comportamenti concreti possono divergere. Ma i cristiani, presi nell’avventura dell’amore e nella sola misura in cui accettano di viverla come Cristo e alla sua sequela, saranno più attenti a fare in modo che essa non degeneri in nuove oppressioni e in nuovo legalismo.



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sabato 21 settembre 2019

25^ Domenica del Tempo Ordinario

Benedetto il Signore che rialza il povero
Commento al Vangelo (Lc 16,1-13) 
tratto dal Messalino “Sulla Tua Parola" di Settembre-Ottobre 2019

Immaginiamo un magistrato dei nostri giorni di fronte al brano evangelico di questa domenica: quanti reati potrebbe imputare a quell’amministratore infedele? Sicuramente uno dei reati sarebbe quello di “appropriazione indebita”, in quanto dispone a suo piacimento di qualcosa che non è suo. Ma forse qualche reato si potrebbe imputare anche a Gesù, magari solo quello di “istigazione all’appropriazione indebita”. In realtà la sfera esistenziale in cui si muove il Maestro non è quella giustizialista, ma quella della speranza. Questo amministratore poco accorto aveva danti a sé due strade. La prima, forse la più facile: approfittare del suo potere sui debitori e pretendere “la tangente”; la seconda: usare una misura larga sperando di trovare gratitudine. Sceglie quest’ultima. Non si è fatto vincere dalla possibilità di un tornaconto immediato, ma ha scommesso su una riconoscenza futura, ha deciso di dare credito al cuore di quei debitori e alla loro capacità di bene. Scommette, come fa Dio con ognuno di noi quando punta sulla nostra capacità di bene, anche quando ci vede immersi in una moltitudine di peccati. Fedeli non vuol dire essere devoti e pii, bensì usare con amore le ricchezze che Dio ci affida. Per chi si è dimostrato indifferente e insensibile verso la costruzione di una comunione tra gli uomini non ci sarà la comunione piena e perfetta in Dio. Il Paradiso non bisogna conquistarlo, ma costruirlo, giorno dopo giorno, rapporto dopo rapporto, di carità in carità.


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sabato 14 settembre 2019

24^ Domenica del Tempo Ordinario

Ricordati di me, Signore, nel tuo amore
Commento al Vangelo (Lc 14,25-33) 
tratto dal Messalino “Sulla Tua Parola" di Settembre-Ottobre 2019

“Il Vangelo dei perduti”: così viene chiamata la pagina dell’evangelista Luca che ci viene proposta nell’odierna liturgia. Tutti perdono qualcosa o qualcuno. Il pastore perde la pecora fuori dal recinto, la donna perde la moneta dentro la casa, il Padre perde il figlio che va fuori e anche quello che resta dentro. Quel pastore aveva altre novantanove pecore, poteva tranquillamente starsene comodo e lasciare quella smarrita al suo destino, una pecora in meno non lo avrebbe messo sulla soglia della povertà. Eppure quell’assenza brucia, non lo lascia tranquillo. Si mette a cercarla, la trova e la riporta insieme alle altre, invitando gli amici a condividere la sua gioia. Quella donna ha altre nove monete, eppure non si dà pace finché non trova quella che aveva smarrito; la cerca, la trova e invita le amiche a far festa. Il padre perde un figlio eppure lo aspetta, la sua vita è tutta in quell’attesa. Lo cerca con lo sguardo e finalmente lo trova, e corre, lo abbraccia e organizza una festa, gli dà nuovamente la dignità perduta. E non sa che così facendo perde il figlio maggiore, o forse si accorge che quel figlio era già perduto. Esce nuovamente, lo cerca, lo invita alla festa. Non sappiamo se quel figlio entra, perché quel figlio sono io. A me tocca la decisione.


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sabato 7 settembre 2019

23^ Domenica del Tempo Ordinario

Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione
Commento al Vangelo (Lc 14,25-33) 
tratto dal Messalino “Sulla Tua Parola" di Settembre-Ottobre 2019

A volte Gesù sembra disumano nelle sue pretese. Oggi il Vangelo ci pone di fronte a una di queste esagerazioni del Signore. Amarlo più del proprio padre, della propria moglie, dei figli… e della propria vita è qualcosa che va al di là delle capacità umane. Eppure è proprio quando Gesù alza il tiro che ci sta dicendo qualcosa di fondamentale, non solo per la fede ma anche per la vita. Basta guardarsi intorno per scoprire che questa norma è alla base di ogni sano approccio alla realtà. Se ho sete vorrei che il ruscello che attraversa il mio cammino avesse acque potabili e allora è naturale amare quelle acque ma, per fare questo, devo amare anzitutto e soprattutto la sorgente e poi desiderare di avere acqua buona nella propria casa. Solo uno stolto potrebbe inquinare la sorgente e poi pretendere di avere acqua buona nella propria casa, per la propria sete. In questo paragone, forse fin troppo banale, sta la spiegazione dell’affermazione di Gesù: non posso amare veramente chi mi sta intorno, chi mi ha dato la vita, coloro a cui ho dato la vita se non amo anzitutto l’Amore. Amare Gesù vuol dire amare la fonte dell’Amore e quindi di ogni amore. Ed ecco che quella che sembrava una pretesa, altro non è che la strada certa per amare veramente.


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