sabato 22 dicembre 2018

4^ di Avvento e Natale

Il Mistero del Natale
di Santa Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein)

Quando i giorni diventano via via più corti, quando, nel corso di un inverno normale, cadono i primi fiocchi di neve, timidi e sommessi si fanno strada i primi pensieri del Natale. Questa semplice parola emana un fascino misterioso, cui ben difficilmente un cuore può sottrarsi. Anche coloro che professano un’altra fede e i non credenti, cui l’antico racconto del Bambino di Betlemme non dice alcunché, preparano la festa e cercano di irradiare qua e là un raggio di gioia. Già settimane e mesi prima un caldo flusso di amore inonda tutta la terra. Una festa dell’amore e della gioia, questa è la stella verso cui tutti accorrono nei primi mesi invernali. Ma per il cristiano e in particolare per il cristiano cattolico essa è anche qualcos’altro. La stella lo guida alla mangiatoia col Bambinello, che porta la pace in terra. L’arte cristiana ce lo porge davanti agli occhi in innumerevoli e graziose immagini, da cui risuona tutto l’incantesimo dell’infanzia, lo cantano. Nel cuore di colui che vive con la Chiesa le campane e i canti dell’Avvento risvegliano una santa e ardente nostalgia, e a chi si disseta alla fonte inesauribile della sacra liturgia il grande poeta dell’incarnazione ripete, giorno dopo giorno, le sue grandiose esortazioni e promesse. Sì, quando la sera gli alberi di Natale luccicano e ci si scambiano i doni, una nostalgia inappagata continua a tormentarci e a spingerci verso un’altra luce splendente, fintanto che le campane della messa di mezzanotte suonano e il miracolo della notte santa si rinnova su altari inondati di luci e di fiori: “E il Verbo si fece carne”. Allora è il momento in cui la nostra speranza si sente beatamente appagata.Ognuno di noi ha già sperimentato una simile felicità del Natale. Ma il cielo e la terra non sono ancora divenuti una cosa sola. La stella di Betlemme è una stella che continua a brillare anche oggi in una notte oscura. Già all’indomani del Natale la Chiesa depone i paramenti bianchi della festa e indossa il colore del sangue e, nel quarto giorno, il violetto del lutto: Stefano, il pro martire, che seguì per primo il Signore nella morte, e i bambini innocenti, i lattanti di Betlemme e della Giudea, che furono ferocemente massacrati dalle rozze mani dei carnefici, sono i seguaci che attorniano il Bambino nella mangiatoia. Che significa questo ? Dov’è ora il giubilo delle schiere celesti, dov’è la beatitudine silente della notte santa ? Dov’è la pace in terra ? Pace in terra agli uomini di buona volontà. Ma non tutti sono di buona volontà. Per questo il Figlio dell’eterno Padre dovette scendere dalla gloria del cielo, perché il mistero dell’iniquità aveva avvolto la terra. Le tenebre ricoprivano la terra, ed egli venne come la luce che illumina le tenebre, ma le tenebre non l’hanno compreso. A quanti lo accolsero egli portò la luce e la pace; la pace col Padre celeste, la pace con quanti come essi sono figli della luce e figli del Padre celeste, e la pace interiore e profonda del cuore; ma non la pace con i figli delle tenebre. Il mistero dell’incarnazione e il mistero del male sono strettamente uniti. Alla luce che è discesa dal cielo , si oppone tanto più cupa e inquietante la notte del peccato. Il Bambino protende nella mangiatoia le piccole mani, e il suo sorriso sembra già dire quanto più tardi, divenuto adulto, le sue labbra diranno: “Venite a me voi tutti che siete stanchi e affaticati”. Alcuni seguirono il suo invito. “Seguimi”, così dicono le mani del Bambino e san Giovanni, il giovane dal cuore puro e infantile, lo seguì senza domandare: dove ? a che scopo ? Abbandonò la barca del padre e andò dietro al Signore su tutte le sue strade fino al Golgota. “Seguimi”, questo invito percepì anche il giovane Stefano. Figure luminose sono quelle che si inginocchiano attorno alla mangiatoia: i bambini teneri e innocenti, i pastori fiduciosi, Stefano, il discepolo entusiasta, e Giovanni, l’apostolo dell’amore; essi seguirono tutti la chiamata del Signore. Egli è il Re dei re e il Signore della vita e della morte, pronuncia il suo “Seguimi”, e chi non è per lui è contro di lui. Egli lo pronuncia anche per noi e ci pone di fronte alla decisione di scegliere tra la luce e le tenebre. Dove il Bambino divino intenda condurci sulla terra è cosa che non sappiamo e a proposito della quale non dobbiamo fare domande prima del tempo. Una cosa sola sappiamo, e cioè che a quanti amano il Signore tutte le cose ridondano in bene. E inoltre che le vie, per le quali il Signore conduce, vanno al di là di questa terra. Se mettiamo le nostre mani nelle mani del Bambino divino e rispondiamo con un “sì” al suo “Seguimi”, allora siamo suoi, e libera è la via perché la sua vita divina possa riversarsi in noi.


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sabato 15 dicembre 2018

3^ Domenica di Avvento

Canta ed esulta, perché grande in mezzo a te è il Santo d’Israele
Commento al Vangelo (Lc 3,10-18)
tratto dal Messalino "Sulla Tua Parola" di Novembre-Dicembre 2018


Il filo conduttore della terza domenica di Avvento è il tema della gioia. Infatti ci stiamo avvicinando al Natale, al giorno in cui Dio ha preso su di sé la condizione dell’uomo per essere simile a lui. L’Incarnazione è la conferma di quanto profetizzato in passato; conferma che fa sperimentare anche a noi la presenza redentrice di Dio. Come Israele anche noi, per bontà divina, possiamo fare esperienza di un Dio che si fa prossimo all’uomo in Gesù Cristo, che non desidera altro che la salvezza di suo figlio. Il cristiano si contraddistingue per la gioia. In un mondo immerso nel grigiore, l’uomo di fede è chiamato a dare la sua testimonianza gioiosa di Gesù. Come è possibile dare colore al modo se anche noi cristiani siamo immersi nel grigiore? Il cristiano non può permettersi di vivere senza la gioia che proviene dal Vangelo. La gioia nasce dalla certezza che non siamo soli ad affrontare la vita, dalla speranza di un regno futuro, dall’esperienza quotidiana della vicinanza di Dio. Perché essere tristi se abbiamo fatto esperienza di tutto questo? Chiediamoci: come e quanto riusciamo ad essere testimoni gioiosi di Cristo? Nel Vangelo di questa domenica possiamo notare che Giovanni Battista non chiede altro che applicare la giustizia: dare la tunica a chi non la possiede, non estorcere denaro, dar da mangiare a chi non ne ha. Gesù invece, nella sua predicazione fa un passo ulteriore: insegna la misericordia. Non basta essere giusti, che già sarebbe una grande cosa, ma bisogna anche essere misericordiosi, come il Signore lo è con noi. 


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sabato 8 dicembre 2018

2^ Domenica di Avvento

Grandi cose ha fatto il Signore per noi
Commento al Vangelo (Lc 3,1-6) 

tratto dal Messalino "Sulla Tua Parola" di Novembre-Dicembre 2018

L’insegnamento di Gesù in tutta la sua vita pubblica, così come l’insegnamento e l’esempio di tanti uomini e donne – come i santi che ci hanno preceduto nel cammino della fede – è quello di avere affermato con la loro stessa vita che il Vangelo non è una bella chiacchiera, ma una continua apertura verso il fratello che ci è prossimo. Può capitare di pensare a Dio come a qualcuno al di fuori della storia, e invece lui stesso ha deciso di “immischiarsi” nella vita degli uomini. In questo contesto si inserisce la figura di Giovanni Battista, nel quale la parola di Dio discese, perché ultimo grande profeta prima della venuta del Messia. L’opera di quest’uomo, temuto anche dal potere civile, ha preparato la strada all’arrivo di Cristo. Attraverso la predicazione e il battesimo di penitenza, egli ha richiamato il popolo d’Israele alla conversione, affinché fosse pronto ad accogliere colui che attendeva. Anche noi siamo chiamati ad essere per i nostri fratelli dei precursori, affinché possano incontrare il figlio di Dio che è entrato nella storia dell’umanità. Il richiamo del profeta Baruc, nella prima Lettura di questa domenica, ci offre la possibilità di alzare lo sguardo verso Dio, distogliendolo da noi stessi, per affidarci fiduciosamente a lui; lui che è disposto ad intervenire nelle nostre storie per renderle qualcosa di meraviglioso, come ha già fatto con i nostri padri nella terra d’Israele.



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sabato 1 dicembre 2018

1^ Domenica di Avvento

A te Signore innalzo l’anima mia, in te confido
Commento al Vangelo (Lc 21,25-28.34-36) 
tratto dal Messalino "Sulla Tua Parola" di Novembre-Dicembre 2018

Inizia oggi il Tempo forte dell’Avvento, caratterizzato dall’attesa e dalla vigilanza, che pone la nostra attenzione sul realizzarsi delle profezie messianiche. Quando attendiamo qualcosa di importante o stiamo aspettando una persona importante, mettiamo in atto una serie di preparativi, affinché quell’incontro sia speciale, sia veramente vissuto. Geremia, come accade in tutte le profezie messianiche, ci spinge a fare della nostra attesa un cammino attento a riconoscere, anche nella nostra vita, l’arrivo e la presenza del “germoglio giusto”. Per incontrare il Signore abbiamo bisogno di cuori capaci di amare, irreprensibili, che ci spingano a compiere il bene. 
L’attesa dell’Avvento non ci parla solo dell’attendere passivamente qualcuno che deve arrivare, non è un’attesa oziosa, ma attiva: è dentro lo spazio dell’attesa che si rende possibile il nostro incontro quotidiano con il Signore. 
Il Vangelo di questa prima domenica di Avvento non ci rivela tanto il modo in cui la seconda venuta avverrà, ma il fine dell’uomo: partecipare alla gloria infinita di Dio, vederlo faccia a faccia e lodarlo in eterno. I segni cosmici descritti possono portarci a immaginare come accadrà e a chiederci se lo vedremo, ma ancor di più la nostra attenzione deve essere concentrata su ciò che avverrà. Per questo l’Avvento ci aiuta nel condurci, passo dopo passo, all’incontro con il Salvatore.


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